La supervisione, di Nancy McWilliams
Traduzione italiana di Gabriele Lo Buglio
Raffaello Cortina Editore, Milano 2022
La supervisione clinica si può intendere come un’attività di “educazione”: con queste parole Nancy McWilliams apre il suo ultimo lavoro, che getta luce sul dark side della formazione alla pratica clinica, un lato tanto inesplorato quanto fondamentale. L’autrice enfatizza la necessità di considerare la supervisione come il momento in cui il sapere scientifico, la ricerca evidence-based e le considerazioni di clinici con esperienza pluriennale convergono e comunicano fruttuosamente.
Quando un terapeuta in formazione incontra un paziente, è alle prese con il delicato processo di decostruzione del proprio bagaglio di conoscenze teoriche acquisite, al quale saranno affiancate importanti riflessioni sul funzionamento del paziente e sul proprio modo di “stare” in terapia. Il ruolo del supervisore risulta dunque cruciale nel guidare il supervisionato nella costruzione di una alleanza condivisa con il paziente e basata su obiettivi comuni di trattamento, oltre che sulla comprensione della specificità del processo terapeutico in corso, segnalata anche dal particolare clima emotivo che si crea durante la seduta. L’originalità del lavoro di McWilliams consiste nella capacità di prendere in considerazione contemporaneamente il punto di vista del supervisore e del supervisionato, nonché di offrire numerose riflessioni di ampio respiro che, pur fondate su una prospettiva psicoanalitica, sono condivisibili anche da clinici che si richiamano a orientamenti differenti. Come sottolinea l’autrice, infatti, la qualità di qualsiasi supervisione è tale indipendentemente dall’orientamento teorico e serve a gettare le basi per un percorso in cui gli allievi possano sviluppare un proprio stile di lavoro, che ben si adatti a loro stessi e ai pazienti.
Il volume esplora il tema della supervisione da numerosi punti di vista, a partire da un inquadramento storico che mette in luce un dilemma fondamentale: se il compito dei supervisori sia quello di “indottrinare” i clinici in formazione all’uso rigido di strumenti e tecniche o se debba invece essere incoraggiato un processo di crescita professionale complessiva. L’autrice prosegue con un affondo sul tema del progresso in terapia, invitando a osservare alcuni dei “segni vitali” che permettono di monitorare l’andamento del trattamento. Nel proporre alcune riflessioni sulla supervisione individuale e la consultazione di gruppo, McWilliams attinge alla propria esperienza per soffermarsi su considerazioni di natura etica, che vengono riprese nei capitoli successivi per una disamina dei dilemmi relativi al migliore interesse del paziente e della collettività. Infine, l’autrice illustra in che modo le dinamiche psicologiche di supervisore e supervisionato possono incontrarsi e interagire, dando luogo a una Gestalt unica e irripetibile, oltre che imprevedibile fino al momento in cui prende forma nella relazione che si sta costruendo.
Scheda di lettura a cura di Silvia Cavedoni (psicologa e psicoterapeuta)
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